BiblioBrindisi,opac,sebinayou,catalogo,libri,brindisi,indaco,opac, biblioteca,bibilioteche,biblioteche brindisi,provincia brindisi

#PremioAlessandoLeogrande

#PremioAlessandoLeogrande

Biblioteca Ex Convento S. Chiara

"La cosa che più mi disorienta di questa vittoria è che se con Alessandro Leogrande avessimo saputo che un giorno io avrei vinto un premio dedicato a lui ce lo saremmo detto per prenderci in giro" questo il commento di #NicolaLagioia all'esito del #PremioAlessandroLeogrande che gli è stato attribuito domenica 11 aprile durante la #direttafacebook della giornata conclusiva organizzata da #presididellibro e #RegionePuglia  #Assessoratoallindustriaturisticaeculturale.

 

Tutti i titoli finalisti li potete leggere prendendoli in prestito presso il Presidio S. Chiara ed il titolo vincitore è disponibile anche in ebook.

Di seguito gli abstract ed i link ai singoli titoli

La città dei vivi «Tutti temiamo di vestire i panni della vittima. Viviamo nell'incubo di venire derubati, ingannati, aggrediti, calpestati. Preghiamo di non incontrare sulla nostra strada un assassino. Ma quale ostacolo emotivo dobbiamo superare per immaginare di poter essere noi, un giorno, a vestire i panni del carnefice?» "Le parole di Nicola Lagioia ci portano dentro il caso di cronaca più efferato degli ultimi anni. Un viaggio per le strade buie della città eterna, un'indagine sulla natura umana, sulla responsabilità e la colpa, sull'istinto di sopraffazione e il libero arbitrio. Su chi siamo, o chi potevamo diventare. Nel marzo 2016, in un anonimo appartamento della periferia romana, due ragazzi di buona famiglia di nome Manuel Foffo e Marco Prato seviziano per ore un ragazzo più giovane, Luca Varani, portandolo a una morte lenta e terribile. È un gesto inspiegabile, inimmaginabile anche per loro pochi giorni prima. La notizia calamita immediatamente l'attenzione, sconvolgendo nel profondo l'opinione pubblica. È la natura del delitto a sollevare le domande più inquietanti. È un caso di violenza gratuita? Gli assassini sono dei depravati? Dei cocainomani? Dei disperati? Erano davvero consapevoli di ciò che stavano facendo? 

A un passo da Provenzano Bernardo Provenzano, detto 'u Tratturi dai nemici, zu Binnu dai sottoposti, il Ragioniere dagli inquirenti. Un uomo con molti nomi, capace di restare nell'ombra per quarant'anni e, nell'ombra, in grado di comandare. Prima del suo arresto, avvenuto nel 2006, pochi conoscono la sua faccia, nessuno vuole descriverla, tutto ciò che si ha è una vecchissima foto. Eppure Alessandro Scuderi, ispettore della squadra mobile di Catania, ha in mano un identikit, di una fedeltà impressionante, sin dal 1997. Lo ha ricavato seguendo le indagini sull'omicidio di Luigi Ilardo, un collaboratore di giustizia che aveva portato il Ros a un passo dal numero uno di Cosa nostra. Come è possibile che il volto fantasma di Provenzano fosse stato descritto e disegnato quasi dieci anni prima della sua cattura? Perché nel 1995 il Ros non agì per arrestare Provenzano?

Progettare la lentezza In un presente in cui siamo sommersi di velocità, in cui dicono che chi è veloce vince e guadagna e chi è lento rimane indietro e perde, noi sosteniamo invece che la lentezza sia una risorsa preziosa, inclusiva, rigenerativa, con la quale arrivano lavoro per i giovani, felicità per tutti ed economie sane e locali. Sentieri, ciclovie, cammini, ippovie, vie d'acqua sono fili antichi ma oggi dimenticati, interrotti, spezzati. Non ci accorgiamo che quelle linee lente sono una grande opera pubblica a basso costo e ad alto rendimento. In Europa l'hanno capito in molti, non ancora da noi. Con il turismo lento possiamo ricucire la bellezza, rigenerare l'Italia dell'Appennino, delle campagne, dei borghi, delle montagne e delle piccole e medie città. Potrebbe diventare un progetto politico pubblico e cooperativo, visionario e concreto. Ma tutto questo non arriva per caso: va desiderato, pianificato seguendo regole, argomenti e paradigmi culturali diversi. La lentezza è progetto di territorio: una grande possibilità per lo sviluppo sostenibile di un Paese che scoprirà che si può crescere proprio rallentando.

Il focolaio «Vorrei che queste pagine le leggesse chi non conosce Bergamo, la mia città, e ancora oggi non si rende conto di quello che è accaduto in Val Seriana. Questa storia ci riguarda tutti, perché è a partire da questo focolaio che la vita degli italiani è stata stravolta. Non averlo saputo gestire e controllare ha messo a nudo tutte le fragilità di un sistema che si credeva infallibile ed eccellente. Capire e analizzare, risalire alle responsabilità, mettere in fila le negligenze, deve essere il punto di partenza per non commettere mai più gli stessi errori.»